AESH MEZAREPH 

Questa Loggia ha ripreso il titolo distintivo da uno dei 16 «Capitoli Sciolti» del Sepher Ha-Zohar. La nostra scelta segue l’idea dell’anonimo autore di questo «Capitolo Sciolto», secondo il quale l’uomo non è altro che una pietra grezza da sgrossare; più ancora, collegando il corpo umano con le Sephiroth dell’Albero della Vita (Eẓ Ḥayyim), l’uomo deve apprendere a purificare i metalli impuri che si trovano in lui. Se riuscirà nell’impresa, non otterrà certamente ricchezze materiali ma acquisterà in cambio longevità e saggezza.

Chi ha avuto la ventura di accedere alla lettura di questo testo, avrà notato immediatamente il collegamento tra Qabalah e Alchimia, nel senso tuttavia che senza la conoscenza della prima non sarà neppure possibile accostarsi alla seconda. Il discorso cabalistico in Æsch Mezareph si avvale, com’è nella tradizione della Qabalah, del continuo riferimento ai versetti biblici, dell’uso, talora anche eccessivo, delle ghematrie e del costante rapporto tra le Sephiroth e i metalli, con analogie a prima vista sorprendenti solo perché hanno la possibilità di essere comprese all’interno di una prospettiva alchemica.  

Sorprenderà così, per esempio, che la materia prima dell’Opera venga attribuita a H’cmâ (Sapienza) e non a Kether, il Piombo, la medicina dei metalli a Malcouth (Regno e Luna degli alchimisti) e l’oro a Guebourâ (Potenza), e dove ci saremmo aspettati di trovare l’oro nella Sephirâ più alta, vi troviamo invece il metallo più vile e dove la lebbra o la corruzione dei metalli, troviamo al contrario la medicina per purificarli. Quanto all’oro di Guebourâ, apprendiamo subito dal testo che il fondamento dell’oro è nel ferro misto al fango e che esistono ben dieci qualità di oro. Spetta dunque a questa Sephirâ esprimere le diverse e potenziali trasformazioni dell’oro, giacché in fondo un po’ d’oro si nasconde in ogni Sephirâ e in ciascun metallo e tutto può essere purificato per l’azione di quella, per usare il linguaggio caro agli Orfici, «scintilla di luce» che si trova nei corpi. Si comprende così anche il ruolo delle Sephiroth H’cmâ e Malcouth.  

La prima e l’ultima, perché Kether, la Corona dell’Albero sephirotico, è la radice stessa dei metalli. Solo il saggio perviene alla comprensione della vera materia prima dell’Opera e solo lui conosce il potere della Luna per sbiancare i metalli impuri. Al linguaggio alchemico-cabalistico, fatto di continui riferimenti alle Sephiroth, alle ghematrie, ai passi biblici, alle varie fasi dell’Opera per la purificazione dei metalli, l’anonimo autore aggiunge l’uso dei quadrati magici. Così, seguendo l’ordine che ne dà egli stesso, il quadrato del Sole, sulla cui struttura ci soffermeremo in nota al testo, si trova in analogia con il Leone alchemico, con l’oro e con la potenza di Guebourâ.  

Il quadrato della Luna si associa con l’argento, con H’esed e con le cinquanta Porte di Binâ; il quadrato di Marte col ferro, con Thiphereth e con il cuore dell’uomo, giacché Thiphereth è un guerriero ed è chiamato a rettificare tanto la natura maschile che quella femminile. Seguono ai precedenti: il quadrato di Giove in analogia con Netzâ e con Binâ e collegato allo stagno, un metallo, per la verità, di scarso valore; il quadrato di Venere associato con Hod, con il bronzo e con il verbo Tzaphah (osservare); il quadrato di Saturno legato al piombo e a H’cmâ, al nome di Dio nella Sephirâ e a Shabbat. Per ultimo il quadrato di Mercurio, in relazione con Yesod, con l’argento vivo e con l’acqua aurea.  

Innalzando le colonne della nostra Loggia, abbiamo utilizzato il titolo “Aesch Mezareph” che compare nella traduzione latina del Rosenroth: ‘Æsch Mezareph, in luogo di quello della corretta trascrizione ebraica che sarebbe Esh Metzareph. La ragione è molto semplice. Ciò che sembra restare di questo trattato non è altro, infatti, che il compendio che ne dà il Sepher ha-Zohar, ma inutilmente, tuttavia, si cercherebbe nell’opera il Compendium in forma unitaria, perché vi si trova piuttosto disperso in vari frammenti. Il vero problema è allora quello di risolvere la questione del carattere e dell’autenticità di questi frammenti.

Scrive in proposito Ghershom Scholem:  

«Il modo di esprimersi e il contenuto in queste citazioni mostrano con chiarezza che Knorr von Rosenroth aveva sotto gli occhi effettivamente un manoscritto ebraico che recava questo titolo, e non un qualche libro scritto in latino o in un’altra lingua. Dal modo letterale, anche se certo non sempre corretto, di tradurre di Knorr traspare a ogni piè sospinto l’ebraico […] L’autore conosceva il Talmud e comprendeva il latino […] Ancora più chiaramente testimonia del carattere di questo testo il suo stesso contenuto. Il primo capitolo comprendeva visibilmente un’introduzione, di cui è citato il brano principale ; i capitoli dal secondo all’ottavo lasciano ancora vedere chiaramente la sequenza in cui erano disposti. Il testo era ordinato – nei capitoli che abbiamo; non è chiaro se ve ne fossero altri – secondo i metalli, e più esattamente nella sequenza: oro, argento, ferro, stagno, rame, piombo, mercurio e zolfo. Tre tipi di contenuto lo compongono: un contenuto puramente cabalistico, che riguarda il simbolismo mistico dei metalli nella loro connessione alle Sephiroth e cita, si noti, lo Zohar non più di una sola volta; un contenuto puramente chimico, che in sostanza descrive singole operazioni e processi, senza alcun rapporto con le altre parti del testo; e infine, come a concludere ogni capitolo, una parte astrologica che descrive gli amuleti planetari corrispondenti ai vari metalli, e fornisce materiale rilevante per l’indagine sulle origini di tale scritto».

Abbiamo tradotto il titolo in italiano Fuoco purificatore per rendere meglio la funzione specifica di questo fuoco che in qualche misura pare ispirarsi al fuoco di Malachia, 3, 1-2 : « Questo vi risponde il Signore dell’universo : ‘ Io mando il mio messaggero a preparare la strada davanti a me. Il Signore che voi desiderate entrerà subito nel suo tempio. Attendete dunque il messaggero che proclamerà la mia alleanza con voi. Eccolo, sta per arrivare. Chi potrà sopravvivere al giorno in cui egli giungerà ? Chi potrà restare in piedi, quando apparirà ? Egli sarà come il fuoco che raffina i metalli, come il sapone che lava le vesti’. » 

Nostro compito allora sarà quello di: «Riunire ciò che è sparso».